Cap. 4.6. Preparatevi a …

Svolgere il lavoro più duro della vostra vita. Non dite di non essere stati avvisati. Ve l'avevamo detto anche noi all'inizio di questo breve manuale.

Spaventarvi a morte. A chi ha avuto un ictus può capitare di addormentarsi nei momenti più improponibili, a volte nel bel mezzo di una conversazione e di fare strani rumori dormendo, trattenere il fiato, russare e muovere gli arti con movimenti involontari. Poiché probabilmente non avete avuto occasione di assistere a ciò durante il ricovero in ospedale, voi caregiver vi potreste spaventare. Aggiungete questa paura alla paura di cadere (entrambi) o di fallire, o di non avere di nuovo una vita e vi renderete conto che la situazione è molto complessa. Inoltre è probabile che vi sia stato detto che una volta che una persona ha avuto un ictus vi è una buona probabilità che possa averne un altro, così alla fine riportare il vostro familiare a casa può essere fonte di nuove angoscianti preoccupazioni.

Gestire le crisi epilettiche. Questo sembra essere spesso uno dei punti più trascurati tra le informazioni date ai caregiver. La più grande paura dei caregiver è che intervenga un secondo ictus, questo fino a quando non compaiono delle crisi convulsive che sono molto più spaventose dell'ictus stesso. Data l'esistenza della lesione cerebrale, c'è sempre la possibilità che si sviluppino delle crisi epilettiche a distanza di mesi o anni dall'ictus. A volte si tratta di episodi isolati, a volte di una serie di episodi ripetuti ma ci sono molti farmaci a disposizione utili nella prevenzione che pero' sono ricchi di effetti collaterali e dunque trovare il farmaco migliore per quella persona può richiedere un processo di "prove ed errori". Essere consapevole che possono esserci delle crisi convulsive non è un pensiero confortevole dunque se dovesse capitare, sarete avvantaggiati dal fatto di essere in grado di riconoscere per tempo un evento del genere. Per quanto possa essere spaventoso assistere a una crisi convulsiva, è utile sapere che molte di queste non lasciano danni permanenti come invece avviene per l'ictus. Solo una piccola percentuale di persone con ictus soffre di crisi epilettiche. Solo che non è possibile sapere chi rientrerà in questa piccola percentuale quindi cercate di avere una franca discussione con il medico che ha seguito il vostro familiare, chiedete che vi spieghi come riconoscere una crisi e cosa occorre fare per affrontarla. A lungo andare ciò vi darà una certa tranquillità mentale.

Gestire l’incontinenza. E' un problema molto complesso ed è un altro di quei problemi per cui esiste una vasta eterogeneità di situazioni in ambito di ictus. Sembra che ogni caregiver sia destinato ad affrontare questo problema in qualche modo. L'abbiamo già' visto in un capitolo precedente quando si è parlato della possibilità che possa trattarsi non di vera incontinenza quanto di comunicazione mancata: il paziente non riesce a far capire che deve andare in bagno. D'altra parte è possibile che le persone in seguito all'ictus sviluppino un vero deficit nel controllo dell'urina o dell'alvo; talvolta si tratta di un problema temporaneo, talvolta può beneficiare di una riabilitazione apposita ma talvolta i pannoloni diventeranno un ausilio permanente. Sporadici incidenti possono accadere anche a chi ha conservato un maggior controllo della vescica o dell'alvo quando la mente si distrae, in mezzo alla folla o in situazioni di disagio o stress. Allora non si è in grado di prevenire l'incidente. In questi casi può essere utile cercare la localizzazione esatta dei bagni qualora ci si trova in ambienti nuovi. Siate comunque preparati ad ogni evenienza quando andate in giro (un cambio di vestiti o un pannolone indossato in situazioni "critiche"). Esistono anche farmaci che aumentano il controllo e se proprio è troppo tardi sarà sufficiente pulire i tappeti malauguratamente "incidentati".

Capire che le conseguenze dell’ictus possono durare per sempre, ma la terapia no. Un’altra delle poche certezze del caregiver è che ad un certo punto non vi sarà più fornita la riabilitazione se non ricorrendo a quella privata. In quel caso il servizio sembra possedere delle schede (che non condivide con nessuno) grazie alle quali è in grado di dire quanta terapia è sufficiente per quel certo paziente. Proprio quando a voi sembra di notare dei miglioramenti, questi non sono considerati significativi da un punto di vista funzionale e siete lasciati a voi stessi. Sembra che l’intero processo per garantire che ognuno possa avvalersi della riabilitazione sia legato alla possibilità di effettivi miglioramenti ma probabilmente è svolto un calcolo sui mesi e giorni di servizio fornito rispetto ad una qualche media stabilita a priori (N.d.T.: in base alle linee guida nazionali sulla riabilitazione) che non è necessariamente comunicata ai pazienti. In qualche modo, da qualche parte in base ai casi di ictus studiati si è stabilito quanta riabilitazione ha senso proporre ai pazienti (N.d.T. in base ad un ragionamento costi-benefici) e dunque si sono fissate delle regole, o almeno questo è ciò che sembra a giudicare da quanto fornito d’abitudine dai servizi (N.d.T. in ogni caso se il paziente è vicino a raggiungere un certo miglioramento X, ad esempio camminare o parlare, il servizio molto probabilmente estenderà la terapia al di la’ dei limiti stabiliti). Esiste poi la possibilità di farsi prescrivere, in tempi successivi, un altro ciclo di riabilitazione di mantenimento o in caso di importanti cambiamenti funzionali (es. per un lungo periodo sembra che non accada nulla e improvvisamente e apparentemente con casualità c’è un miglioramento di una qualche funzione). Miglioramenti e cali saranno una costante della vita futura della persona che ha avuto un ictus. Siate gentili con i dottori e gli operatori, avete bisogno che restino al vostro fianco. (…)

Assistere alla scomparsa di amici e familiari. Questa è una delle cose più dure da accettare. La cura che il caregiver fornisce può diventare un compito davvero solitario. Poiché il processo di recupero dall’ictus è molto lento, l’intera durata del processo supererà di gran lunga lo span di attenzione dei vostri amici, anche i più cari. Quando arriva l’ictus, si sente molto calore e supporto da parte di amici e parenti ma dopo un po’, quando la crisi è superata e si è certi che la persona sopravviverà, tutti si rimettono in movimento e poiché voi non siete in grado di tenere il loro passo, sarete lasciati indietro anche se avete ancora bisogno di aiuto. Inoltre, spesso le persone le persone si sentono a disagio nell’incontrare una persona che è diventata disabile, spesso perché questo gli ricorda la loro vulnerabilità e ciò è difficile da accettare. Altri possono dare per scontato che siete troppo occupati per avere voglia di compagnia o di vita sociale. La soluzione a questo problema è elaborare il lutto per la vostra perdita e poi rimettervi in moto con energia, essere determinati e cercare con forza di non attaccarvi troppo ai limiti di chi non capirà mai la vostra nuova vita. Se coloro di cui avete bisogno si tirano indietro, cercate nuovi amici, nuovi gruppi, nuove attività piacevoli anche nel regno della disabilità (ricordatevi però che abbiamo tutti bisogno di avere contatti anche con persone esterne che non c’entrano con l’ictus). Evitate l’isolamento. Ci può ancora essere una vita dopo l'ictus, diversa ma comunque bella. Sfortunatamente le cose belle non verranno a bussare alla vostra porta. Dovrete andare a cercarle e quindi crearvela voi stessi questa vita, per voi, per il vostro familiare e per la vostra sanità mentale.

Vivere la depressione. La depressione arriva quando il caregiver e la persona con ictus cominciano a comprendere che la disabilità è una realtà. Non combattetela. E’ accaduta una cosa terribile che ha fatto a pezzi la vostra vita. Non fate finta che non sia accaduto. Avete diritto ad essere arrabbiati. E’ normale, se siete sposati, provare risentimento per il vostro o la vostra compagna, per il fatto che ha avuto un ictus e ha stravolto la vostra vita e poi sentirsi colpevoli per questi sentimenti. E’ naturale anche che la persona che ha avuto un ictus si senta arrabbiata nei confronti del caregiver ed eccessivamente possessivo rispetto alle sue attenzioni e al suo tempo. Non sareste umani se non foste tristi e abbattuti in questo momento. Siate onesti con voi stessi e con gli altri, fare finta che tutto va bene e che non ci sono problemi non è un modo per risolvere la cosa. Richiede troppa energia mettersi addosso una maschera di positività, mentre piangere vi permetterà di tirare fuori molte emozioni che non vanno trattenute e anche gli uomini non dovrebbero essere imbarazzati dal loro pianto. Dovrete passare attraverso tutte queste emozioni per lasciarvele alle spalle. Alla fine vi potrete permettere di essere felici di nuovo. Per voi ci possono essere ancora risate e sorrisi nonostante la situazione nella quale vi siete trovati ma questo percorso può richiedere un supporto esterno, un aiuto professionale. Non esitate e non siate timorosi nel cercare un Terapeuta qualificato (un punto di partenza è il vostro medico di base). Cercate gruppi di supporto (N.d.T. chiedete informazioni alla Associazione Ligure Afasici ALIAS) per persone con ictus e per caregiver. Cercate di partecipare a qualche gruppo anche se ricevete un counseling professionale, infatti, la depressione si combatte anche con la compagnia. Confrontare la vostra con altre storie di guerra, può cambiare la vostra vita e la vita di altri.

Ricordare che medici, fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, non sanno proprio tutto. All’inizio, quando facevate domande sul recupero vi è stato detto che tutti gli ictus sono differenti e che nessuno poteva prevederlo poi quando vi informano del fatto che la riabilitazione non sarà più fornita, immaginando che non servirà più a niente, vi considerano parte di un gruppo omogeneo …se avete diversi referenti a livello sanitario (medici specialisti, terapisti, ecc.) è probabile che un giorno questi arrivino a contraddirsi l’un l’altro e a darvi consigli in conflitto tra loro. La cosa diventa molto problematica se il conflitto riguarda la terapia farmacologica. Stabilite un buon rapporto con il vostro farmacista che vi aiuti a stare in guardia nei confronti di possibili errori, nati da questa confusione, e considerate anche la possibilità di acquistare un libro che vi spieghi la natura dei farmaci che dovete assumere o far assumere (N.d.T. in America il Physician Desk Reference). Non esitate a controllare sempre la natura di un nuovo farmaco che viene prescritto, fatelo personalmente se il vostro farmacista di riferimento è in vacanza e non vi può aiutare.

Contare sul fatto che le cose miglioreranno e diventeranno più facili. Anche se il vostro familiare non farà altrettanto. Fare le cose per la prima volta è spesso la cosa più difficile, ma a poco a poco anche i compiti più difficili entrano nella routine quando si è fatta una pratica sufficiente. Sopravviverete. Cercate di guardare ai grandi compiti che vi aspettano come se fossero composti da sotto-compiti. Tenete presente l’obiettivo generale e concentratevi su ogni singola azione necessaria per arrivarci. La somma dei piccoli compiti vi consentirà di raggiungere quanto prefissato.